Passo dopo passo

Un passo. In avanti. Sta rimettendo in circolo l’energia. La osservo da un po’. Fin dall’inizio.

La osservo in silenzio. Non voglio farmi sentire, non voglio che sappia che sto qui a guardarla. Non deve pensare che voglia metterle fretta o che la stia giudicando perché ha deciso di prendersi tutto questo tempo senza muovere un dito.

È così che doveva andare. Ora, credo che sia giunto il momento che lei capisca che può diventare quello che desidera, quello che avrebbe potuto essere già da tempo se solo avesse voluto.

Avrà paura di sbagliare strada, avrà paura di cadere di nuovo, così come avrà modo di capire che la strada giusta non esiste,  di capire che dopo ogni caduta ci si rialza più forti.

Eccola. La sento. Si chiede spesso se abbia un senso quello che sta facendo. Mi verrebbe da dirle che il senso deve trovarlo dentro se stessa e che qualunque cosa che la faccia sentire sbagliata va eliminata. Non esiste un senso assoluto, esiste il senso relativo che diamo alle cose, che cambia costantemente. Mi verrebbe da dirle che si deve fidare del suo istinto, che non sbaglia mai. L’istinto è più rapido della ragione, trova in un lampo la stonatura, la dissonanza, quel dettaglio che le fa aggrottare le sopracciglia per un secondo, che la fa sentire a disagio.

Eppure continuo a tacere. Perché lei sa già tutto, perché prima o poi lo scoprirà. Perché non te lo spiega mai nessuno cosa fare, devi scoprirlo da solo.

E lei ha già scoperto così tante cose, il passato appartiene ad un’altra vita, ad un’altra persona. Non era oro tutto quello che brillava, perché ora non brilla più. Magari non era neanche amore, anche se un tempo sembrava l’unica cosa certa che avesse. Cambia tutto, in continuazione. Cambiano i punti di vista, gli obiettivi, i desideri. Cambiano i significati delle cose, quello che prima era fondamentale ora non vale niente e una idiozia qualunque diventa essenziale.

Lentamente si sta svegliando, si tira su e chiude l’ombrello perché sta smettendo di piovere.

Un altro passo, e un altro ancora. Deve continuare a camminare, ad andare avanti. In un giorno come tutti gli altri. Il primo giorno diverso.

In mezzo al mare.

Ho preso un fiore dalle tue mani, rosso come le ali di una farfalla e giallo come i raggi del tuo sole.
Ho preso un bacio dalle tue labbra, morbido come zucchero filato e umido come le lacrime della notte.
Non c’è perdono senza dolore, non c’è speranza senza oblio.
Ho sofferto per poterti perdonare, ho dimenticato per ricominciare.
Devo allontanarmi da te con la stessa dolcezza con cui ti ho trovato.
E solo quando tutto questo sarà un ricordo, potrò ritrovare un angolo per te.
Ti ho sussurrato parole silenziose, mi ascoltavi con i tuoi occhi e mi parlavi con le tue mani.
E poi ho gridato per far giungere la mia voce nel punto lontano che conservava qualcosa di te.
Affacciandomi sul bordo del dirupo, ho sentito un’eco che mi riportava il tuo odore.
Si cambia, continuamente. Non sarò mai più quello che tu ricordi, non sarai mai più la persona che amavo.
Parto nel mio mare in tempesta, non ho ancore e non voglio bussole.
Mi faccio trasportare dal vento, non ho bisogno di strade e bivi e salite e discese.
Vado dove più mi aggrada, mi fermo al tramonto e riparto quando il sole sorge.
Il sole della mia vita, ché ne avrò una sola da vivere e oggi ho davvero poca voglia di sprecarla.
Ho preso l’abitudine di fare a meno di te.
E ora so che potrei abituarmi all’assenza di chiunque al mondo. Ma non posso fare a meno di me.

Mauro Cason

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